(Adnkronos) – Mario Draghi torna per la prima volta in Parlamento dopo la fine del mandato da Presidente del Consiglio. E, davanti alle commissioni riunite Bilancio, Attività produttive e Politiche Ue della Camera e del Senato, lancia l'allarme sulla sicurezza dopo la svolta di Donald Trump. "La nostra sicurezza è oggi messa in dubbio dal cambiamento nella politica estera del nostro maggior alleato rispetto alla Russia che, con l’invasione dell’Ucraina, ha dimostrato di essere una minaccia concreta per l’Unione Europea", afferma l'ex premier presentando il suo Rapporto sulla competitività, già illustrato al Parlamento europeo il 17 settembre scorso. "L’Europa – osserva – è oggi più sola nei fori internazionali, come è accaduto di recente alle Nazioni Unite, e si chiede chi difenderà i suoi confini in caso di aggressione esterna – e con quali mezzi". Sottolineando che la questione della difesa è tra le maggiori vulnerabilità a cui è esposta l’Unione europea, Draghi ricorda che "l’Europa avrebbe dovuto comunque combattere la stagnazione della sua economia e assumere maggiori responsabilità per la propria difesa in presenza di un minore impegno americano da tempo annunciato. Ma gli indirizzi della nuova amministrazione hanno drammaticamente ridotto il tempo disponibile. Speriamo ci spingano con eguale energia ad affrontare le complessità politiche e istituzionali che hanno finora ritardato la nostra azione". "La difesa comune dell’Europa diventa un passaggio obbligato per utilizzare al meglio le tecnologie che dovranno garantire la nostra sicurezza. Persino la nostra valutazione dell’investimento in difesa, oggi basata sul computo delle sole spese militari, andrà modificata per includere gli investimenti su digitale, spazio e cybersicurezza che diventano necessari alla difesa del futuro. Per tutto ciò occorre iniziare un percorso che ci porterà a superare i modelli nazionali e a pensare a livello continentale". Per l'ex premier "occorre definire una catena di comando di livello superiore che coordini eserciti eterogenei per lingua, metodi, armamenti e che sia in grado di distaccarsi dalle priorità nazionali operando come sistema della difesa continentale". "Dal punto di vista industriale ed organizzativo questo vuol dire favorire le sinergie industriali europee concentrando gli sviluppi su piattaforme militari comuni (aerei, navi, mezzi terresti, satelliti) che consentano l’interoperabilità e riducano la dispersione e le attuali sovrapposizioni nelle produzioni degli Stati membri", afferma. "Nelle ultime settimane, la Commissione ha dato il via a un ingente piano di investimenti nella difesa dell’Europa. Mentre si pianificano nuove risorse – sottolinea Draghi – occorrerebbe che l’attuale procurement europeo per la difesa – pari a circa 110 miliardi di euro nel 2023 – fosse concentrato su poche piattaforme evolute invece che su numerose piattaforme nazionali, nessuna delle quali veramente competitiva perché essenzialmente dedicata ai mercati domestici. L’effetto del frazionamento è deleterio: a fronte di investimenti complessivi comunque elevati, i Paesi europei alla fine acquistano gran parte delle piattaforme militari dagli Stati Uniti". "Tra il 2020 e il 2024, gli Stati Uniti hanno fornito il 65% dell’importazione di sistemi di difesa degli Stati Europei aderenti alla Nato. Nello stesso periodo l’Italia ha importato circa il 30% dei suoi apparati di difesa dagli Stati Uniti", rileva Draghi. "Se l’Europa decidesse di creare la sua difesa e di aumentare i propri investimenti superando l’attuale frazionamento, invece di ricorrere in maniera così massiccia alle importazioni, essa ne avrebbe certamente un maggior ritorno industriale, nonché un rapporto più equilibrato con l’alleato atlantico anche sul fronte economico. Questa grande trasformazione – osserva l'ex presidente della Bce – è in realtà necessaria non solo per le complessità geopolitiche cui stiamo assistendo, ma anche per via della rapidissima evoluzione della tecnologia che ha stravolto il concetto di difesa e di guerra". Parlando delle conseguenze per l’Europa del ritorno alla Casa Bianca di Donald Trump, evocato solo indirettamente, il primo pensiero di Draghi va ai dazi annunciati da Washington. "Quando la Presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, mi ha chiesto di redigere un Rapporto sulla Competitività, i ritardi accumulati dall’Unione apparivano già preoccupanti. L’Unione Europea ha garantito per decenni ai suoi cittadini pace, prosperità, solidarietà e, insieme all’alleato americano, sicurezza, sovranità e indipendenza. Questi sono i valori costituenti dell'Unione europea, la nostra Unione europea". "La nostra prosperità, già minacciata dalla bassa crescita per molti anni, si basava su un ordine delle relazioni internazionali e commerciali oggi sconvolto dalle politiche protezionistiche del nostro maggiore partner. I dazi, le tariffe e le altre politiche commerciali che sono state annunciate avranno un forte impatto sulle imprese italiane ed europee", aggiunge. "Una seria politica di rilancio della competitività europea deve porsi come primo obiettivo la riduzione delle bollette, per imprese e famiglie", scandisce Draghi, per il quale "occorre certamente accelerare lo sviluppo di generazione pulita e investire estesamente nella flessibilità e nelle reti. Ma occorre anche disaccoppiare il prezzo dell’energia prodotta dalle rinnovabili e dal nucleare da quello dell’energia di fonte fossile. Non possiamo però unicamente aspettare le riforme a livello europeo". "In Italia sono disponibili decine di gigawatt di impianti rinnovabili in attesa di autorizzazione o di contrattualizzazione. È indispensabile semplificare e accelerare gli iter autorizzativi, e avviare rapidamente gli strumenti di sviluppo. Questo abiliterebbe nuova produzione a costi più bassi di quella a gas, che rappresenta ancora in Italia circa il 50% del mix elettrico (a fronte di meno del 15% in Spagna e di meno del 10% in Francia)". Inoltre, "senza aspettare una riforma europea, possiamo slegare la remunerazione rinnovabile da quella a gas, sia sui nuovi impianti che su quelli esistenti, adottando più diffusamente i Contratti per differenza (Cfd) e incoraggiando e promuovendo i Power purchasing agreement (Ppa)", aggiunge. —economiawebinfo@adnkronos.com (Web Info)
Draghi: “Nostra sicurezza messa in dubbio, Europa è più sola”
© Riproduzione riservata