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Spread ai minimi dopo 10 anni: i fattori della discesa e la corsa verso 80 punti

(Adnkronos) – Non si vedeva uno spread così basso da un decennio. Era l'anno 2015, in piena fase post quantitative easing firmata Mario Draghi quand'era governatore della Bce. L'oscillazione di queste ultime sedute, attorno a quota 85 punti base, sembra ben lontana dal mostro da 500 punti che nel 2011 ha terrorizzato l'Italia nonché barometro isterico di diversi e ripetuti scossoni politici. Il motivo di un differenziale così basso? I fattori, come spesso accade, sono molteplici. Secondo Andrea De Gaetano, analista finanziario indipendente, "esiste una sostanziale fiducia nell’Italia da parte dei mercati internazionali -dice all'Adnkronos- innanzitutto grazia al governo, stabile, ma anche grazie a dati macroeconomici in miglioramento in confronto ad altri Paesi europei.  Incide anche il rally del settore bancario italiano, in scia alla crescita del margine d’interesse col rialzo dei tassi degli anni scorsi. Infine, prevale in generale una maggiore propensione globale al rischio. Gli investitori sono alla ricerca di rendimento, garantito recentemente anche dalle varie promozioni da parte delle agenzie di rating". Merito dell'Italia dunque? Vero solo in parte. Perché lo spread è il differenziale di rendimento tra Btp e Bund tedesco. E quindi da analizzare c'è anche la Germania. Continua De Gaetano: "Berlino è reduce da anni particolarmente difficili. Prima la crisi energetica a seguito della guerra in Ucraina visto che i tedeschi sono ancor più dipendenti di noi dal petrolio e gas russi. Poi una crisi epocale della manifattura, vittima delle politiche green e dell’auto elettrica, dove i cinesi sono più competitivi. Infine, lo stop al tabu dell’inviolabilità del bilancio tedesco, a seguito del massiccio stimolo fiscale e rilancio dell’industria militare annunciato dal Governo Mertz".  In aggiunta, come anticipato, c'è l'incertezza dei dazi, le cui conseguenze sono ancora difficili da prevedere. E allora la domanda diventa: quanto durerà questa sosta in area 80-90 punti base? De Gaetano spiega che se dovesse diminuire la propensione globale al rischio nei prossimi mesi potrebbero riemergere i timori (ora apparentemente dimenticati) della sostenibilità del debito. E a quel punto ci sarebbero possibili prese di beneficio sui Btp. In questo modo, lo spread andrebbe ad allargarsi nuovamente. Ma se invece questa progressione verso il basso, avviato negli ultimi mesi quasi nel silenzio generale, coperto dal rumore di fondo dalle tante crisi in corso, dovesse scivolare fino a 80 punti base? Un livello psicologico che non si vede da aprile 2010, un salto indietro di oltre 15 anni, precedente alla crisi greca tecnicamente possibile da raggiungere, non va dimenticato che a fine 2009 eravamo sotto i 60 punti mentre a inizio 2008 si viaggiava in area 30 pb. Sarebbe naturalmente un'ulteriore boccata d'ossigeno per il Tesoro: significherebbe meno interessi da pagare sul debito, più spazio di manovra sul bilancio, magari una riduzione della pressione fiscale nel tempo. Cosa dovrebbe succedere allora, per fare in modo che lo spread ritorni a quota 80? Francesco Casarella, consulente finanziario indipendente e fondatore di Colazione a Wall street Scf, risponde così: "Servirebbe un cambiamento profondo dice all'Adnkronos- nella percezione che i mercati hanno del nostro Paese”.  E' vero, lo spread rappresenta il differenziale di rendimento tra decennale italiano e tedesco. "Ma nella sostanza è un premio per il rischio. Più l’Italia viene considerata affidabile -continua Casarella- meno chiede il mercato in termini di rendimento per prestarle soldi. Quindi più si scende meglio è. Serve però che l’Italia appaia come un Paese che cresce, fa riforme, tiene in ordine i conti e non dà la sensazione di deragliare a ogni legge di bilancio". Cosa che effettivamente è accaduta. La buona tenuta del governo ha coinciso con una discesa dello spread dai 325 punti raggiunti nel giorno in cui Giorgia Meloni ha vinto le elezioni agli 84 di questi giorni. "Ma c'è da considerare anche il ruolo della Banca centrale europea -aggiunge il consulente-. Sono infatti i recenti tagli della Bce ad aver contribuito in maniera importante, decisiva, alla discesa dello spread, più per la componente italiana che per quella tedesca. Però questo non basta. Serve che l’Italia sia credibile nel medio-lungo termine. E questa credibilità si costruisce con i numeri: Pil, rapporto debito/Pil, deficit, riforme strutturali. Sono questi i mattoni che formano l’idea che i mercati si fanno di un Paese”. Arrivare a quota 80 non sarebbe solo una boccata d’ossigeno per il Tesoro. Casarella commenta infatti quali sarebbero gli scenari anche per gli investitori. "Per chi ha Btp in portafoglio oggi sarebbe una piccola festa: i prezzi salirebbero e le performance migliorerebbero. Anche i fondi obbligazionari italiani, spesso appesantiti negli ultimi anni, tornerebbero a respirare”. Con un risvolto della medaglia. Che viene spiegata così: “Chi compra titoli con spread basso accetta un rendimento inferiore. Sta dicendo: mi fido dello Stato italiano anche se mi dà poco. È una scommessa sulla stabilità e sulla continuità. Su un’Italia che smette di essere percepita come un’anomalia. Un ragionamento che vale anche per le banche, che hanno molti Btp in pancia. Spread in calo vuol dire attivi che si rivalutano”.  Secondo Casarella, non è tanto lo spread in sé che conta, quanto il messaggio che trasmette: “Certamente un differenziale basso è un segnale potente: significa che l’Italia è percepito come Paese affidabile. E in Europa, dove contano le regole e il dialogo con Bruxelles, questa fiducia è una moneta preziosa. Senza credibilità, non si ha voce in capitolo”. Perché accada tutto questo tuttavia non è necessario arrivare a quota 80. "Non bisogna inseguire questa soglia come fosse l’arrivo del Tour de France. È più un riferimento psicologico che economico. Conta la direzione del movimento, e perché ci si sta muovendo in quella direzione. Se restiamo sotto i 100 perché cresciamo e teniamo in ordine i conti, benissimo. Ma se lo facciamo solo perché la BCE ci tiene a galla, è un altro film”. In sintesi, lo spread a 80 è possibile. A patto che sia il riflesso naturale di un Paese che ha imparato a camminare con le proprie gambe. —finanzawebinfo@adnkronos.com (Web Info)

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