(Adnkronos) – Sono il simbolo del Made in Italy nel mondo. Spesso finiscono in mani estere. Come Versace, ceduta nel 2018 agli americani di Capri Holdings e ora in cima al risiko che sta contagiando il lusso, dopo le indiscrezioni sempre più insistenti di un interessamento da parte del gruppo Prada per l’acquisizione. Di tanti altri marchi la proprietà non parla più italiano, perché in mano a fondi di investimento, gruppi o holding internazionali in parte o totalmente. A fare shopping di marchi importanti, negli ultimi anni, è stata l’Asia, e in particolare la Cina (a fine 2019 in Italia 405 gruppi cinesi vantavano partecipazioni in oltre 700 imprese italiane) ma nel risiko di acquisizioni il settore del lusso e fashion è stato sicuramente quello dal bottino più ghiotto. E’ il caso della Francia, che non ha risparmiato diversi brand del Made in Italy, come Fendi. La maison romana viene acquistata nel 2001 dal colosso francese Lvmh di Bernard Arnault. Anche Gucci nel 1999 passa nelle mani di François-Henri Pinault di Kering, che controlla anche le italiane Brioni, Pomellato, oltre a Bottega Veneta, Richard Ginori e Dodo, mentre il ‘rivale’ Lvmh fa incetta di marchi italiani come Emilio Pucci, Acqua di Parma, Bulgari e Loro Piana. Anche Versace, dal 2018, non parla più italiano. La griffe della Medusa, fondata nel 1978 da Gianni Versace, viene acquistata dagli americani Michael Kors e Capri Group. Valentino, nel 2012, finisce nella mani del gruppo Mayhoola for Investment, società del Qatar mentre Coccinelle è dei coreani di E-Land Mazzieri, gli stessi che detengono Mandarina Duck. Sergio Rossi, storico brand del calzaturiero italiano passa nel 2021 in mano al gruppo finanziario cinese Fosun. Ed è cinese anche Krizia, dal 2014 nell’orbita della Shenzhen Marisfrolg Fashion Co Ltd. C’è poi Rinascente, che nel 2011 viene acquisita da Central Retail Corporation, il Gruppo thailandese leader nel settore della distribuzione e dei department store nel Sud-Est Asiatico. I gioielli Buccellati nel settembre 2019 diventano invece di proprietà del gruppo svizzero Richemont, dopo essere stati dal 2017 di proprietà del gruppo cinese Gangsu Gangtai Holding. Quanto al marchio di abbigliamento sportivo Sergio Tacchini, dopo la bancarotta del 2007 e diversi cambi di proprietà, finisce nel portafogli del gruppo di abbigliamento sudcoreano F&F del miliardario Kim Chang-soo che acquisisce il 100% del capitale di Sergio Tacchini operations. Insomma, il made in Italy ha sempre fatto e continua a fare gola alle aziende estere su tutti i settori e nella moda in particolare. Anche se molto spesso avviene il contrario. Ci sono infatti realtà che resistono. In mani italiane sono finiti alcuni dei marchi che oggi compongono il portafoglio di Otb, il gruppo di Renzo Rosso. Negli ultimi anni, oltre a consolidare il business di Maison Margiela, acquisita nel 2002, il gruppo ha acquisito nel 2021 Jil Sander dal gruppo giapponese Onward Holdings e poi una quota del brand di Los Angeles Amiri, oltre a Viktor&Rolf. Italiani restano Armani (che ha gettato le basi con la sua Fondazione per blindare la sua azienda) Tod’s, Moncler e soprattutto Prada, che si prepara ad essere guidata nei prossimi anni dal figlio di Miuccia Prada e Patrizio Bertelli, Lorenzo. E il cui nome è tornato insistentemente in cima al risiko del lusso. (di Federica Mochi) —finanzawebinfo@adnkronos.com (Web Info)
Risiko contagia lusso, i brand finiti in mani estere e quelli che resistono
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