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Risiko bancario: chi sono i nuovi giocatori e come cambiano i ruoli

(Adnkronos) – Il risiko bancario italiano cambia volto. L’uscita di scena di Unicredit dall’Ops su Banco Bpm trasforma la geografia degli incastri possibili, nonostante i protagonisti – Mps, Mediobanca e Banco Bpm stessa – siano ancora lì, al centro di un mosaico strategico che ha un regista sempre più visibile, ovverosia il governo. L’obiettivo è rafforzare un polo alternativo ai due big del credito (Intesa e Unicredit), che sia capace di reggere la concorrenza europea e tutelare la governance finanziaria italiana. Cambia volto, potrebbe farlo, il risiko, perché attorno si muovono nuove pedine. Bper guadagna peso, Crédit Agricole resta silenzioso ma avanza, e Unicredit – tornata spettatrice, almeno per il momento – potrebbe giocare le sue (ultime?) carte sullo scacchiere assicurativo. La regia politica rimane elemento centrale. Ma, spiega all'Adnkronos Angelo Baglioni, professore ordinario di Economia Politica presso l’Università Cattolica di Milano, in questa fase stiamo assistendo a un paradosso: “Si parla tanto dell’esigenza di completare l’unione bancaria, poi quando arriva un’operazione concreta puntualmente viene giudicata inadeguata, oppure i governi intervengono in maniera discutibile come il golden power”. Per l’economista uno strumento “spregiudicato”, tant’è che la Commissione Ue ha chiesto chiarimenti, ritenendo poco giustificata la motivazione legata alla sicurezza nazionale. “Si tratta di una contraddizione evidente -continua Baglioni-, che alimenta incertezza e indebolisce la credibilità del progetto europeo. Per di più si tratta di una tendenza non soltanto italiana”. Chiaro riferimento al governo tedesco, intervenuto in modo più informale sul deal Unicredit-Commerzbank, e a quello spagnolo, che ha fatto lo stesso con Bbva e Sabadell. “La verità è che i governi, in tutta Europa, si stanno adattando a un contesto dove il controllo sul sistema bancario è oggi più che mai una, se non la, leva strategica”. E così, se da una parte Gae Aulenti può permettersi l’autonomia: “Staremo per conto nostro, in un trimestre guadagniamo più di quanto Bpm guadagna in quattro mesi” ha detto Andrea Orcel dopo la ritirata e presentando i conti, dall’altra qualcosa si muove. Lo stesso Giuseppe Castagna, Ceo di Banco Bpm, dopo aver passato gli ultimi anni a dire: “La strada giusta è restare da soli”, per la prima volta non esclude operazioni “amichevoli e concordate” con banche simili, citando Crédit Agricole, Mps e – novità significativa – Bper, che con l’avanzata oltre l’80% di Pop Sondrio ora ne controlla, di fatto, il board. Torna così d’attualità il progetto primordiale, quello con il Monte dei Paschi assieme a piazza Meda e l’aggiunta di Mediobanca, fresca di semestrale migliore di sempre stando alle parole del Ceo Alberto Nagel riportate nella nota dei conti. Continua Baglioni: “Si tratta di un progetto che affonda le radici nel collocamento del Tesoro risalente allo scorso mese di novembre, quando Banco Bpm, Caltagirone e Delfin hanno sostanzialmente blindato Mps; ma anche nella successiva offerta della banca senese su Piazzetta Cuccia”. In questo disegno, Crédit Agricole potrebbe giocare un ruolo chiave nei prossimi mesi se salisse, come richiesto alla Bce, oltre la soglia del 20% del Banco senza richiedere il controllo, ma contribuendo a rafforzare una governance coesa attorno al gruppo. “Prendiamo atto che per il governo Unicredit è una banca straniera e Crédite Agricole no” ironizza Baglioni, che è anche membro del banking stakeholder group dell’Eba, European banking authority. D’altra parte, Castagna ha ricordato come i francesi non si siano opposti alla fusione con Sanpaolo quando all’epoca erano primi azionisti di Intesa: “Se fosse così -osserva l’economista- chissà che la salita dei francesi su Banco Bpm non sia davvero il segnale che tutti aspettano”. Un segnale valido magari anche per Bper. Se Castagna dovesse davvero aprire la porta, la banca emiliana, che ha in Unipol l’azionista di maggioranza, potrebbe rappresentare una cerniera naturale per un’aggregazione a tre. Restano da sciogliere i nodi su Mediobanca. Per qualcuno la super semestrale è anche un messaggio del Ceo Nagel all’Ad di Mps Lovaglio che vorrebbe dargli il ben servito una volta finita la scalata. Come a dire: "Se lo fai, mandi a casa chi ha portato i conti migliori della storia dell'istituto". La governance di Piazzetta Cuccia resta contraria all’integrazione, che Baglioni giudica “difficile per la diversità dei modelli e per il rischio di scarsa creazione di valore, seppur due parti ben distinte, e quindi, sulla carta, compatibili”. Senza dimenticare l’Ops lanciata su Banca Generali. Da una parte aumenterebbe il valore di Mediobanca, dall’altra renderebbe meno appetibile l’affare con Montepaschi, visto che verrebbe a mancare la partecipazione in Generali, particolarmente “gradita”, questa è la sensazione, agli azionisti dell’istituto senese (e non solo) Caltagirone e Delfin. E Unicredit? Pur potendo contare su dimensioni e solidità per restare autonoma, oggi rischia di ritrovarsi fuori da tutte le partite strategiche: prima Mps, poi Banco Bpm, adesso anche il dialogo con Commerzbank si è raffreddato, per via della contrarietà di Berlino. “Unicredit può stare da sola – nota Baglioni – ma con la rinuncia a queste operazioni rischia di perdere occasioni chiave per rafforzare la propria posizione nel contesto europeo”. Ecco perché la vendetta, se così possiamo chiamarla, potrebbe arrivare proprio dal ramo assicurativo. Quasi tutti i soggetti italiani fin qui citati hanno partecipazioni in Generali, fa eccezione Banco Bpm. E la governance è debole, vista anche la scelta a sorpresa di Unicredit di non schierarsi dalla parte della lista di Mediobanca, primo azionista, nel rinnovo dell’Assemblea dei soci lo scorso mese di aprile. E se è vero che Mps intende salire al 35% di piazzetta Cuccia “non sarebbe così distante dalle quote di Delfin e Caltagirone, che insieme raggiungono il 30%, a conferma della debolezza di un’eventuale nuova governance. Ecco perché -conclude Baglioni- chi uscirà vincitore da questo risiko, con buona probabilità, avrà il controllo di Generali”. Risiko che non è ancora finito. Di sicuro sta cambiando. Non la regia, forse neanche gli interpreti, di sicuro i ruoli. E in questa nuova partita, chi resta fermo rischia di uscirne con un pugno di mosche. (di Giacomo Iacomino) —finanzawebinfo@adnkronos.com (Web Info)

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