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Caro vita: ‘Investimenti efficienti per crescita reale del patrimonio’. I consigli dell’esperto

(Adnkronos) – Le turbolenze degli ultimi cinque anni, tra pandemia, tensioni geopolitiche e guerre commerciali, sembrano indicare che in futuro il costo della vita sarà sensibilmente più alto rispetto a quello odierno. Lato privato, per tutelarsi “conviene allocare il risparmio investendo in maniera efficiente, considerando gli obiettivi di vita, spese e orizzonte temporale”. Lo afferma all’Adnkronos Davide Cominardi, Investment Consultant Manager di Moneyfarm. Secondo Cominardi è di fondamentale importanza investire correttamente i propri risparmi. Secondo i più recenti dati Istat, gli italiani riescono ad accantonare il 9% delle proprie entrate, se si considera una retribuzione lorda di 37.302 euro annui per lavoratore, pari a circa 2.000 euro netti per tredici mensilità, si traduce in 2.340 euro risparmiati ogni anno. Denaro che se lasciato fermo sul conto corrente, sarebbe esposto all’azione erosiva dell’inflazione: dei 2.340 euro messi da parte nel 2000 e poi depositati in banca per venticinque anni, oggi rimarrebbero solo circa 1.450 euro in termini di potere d’acquisto, con una perdita certa del -38%. “Qualora l’inflazione continuasse ad attestarsi attorno al 2%, l’investimento fatto in maniera efficiente si tradurrebbe in una crescita reale sul patrimonio” afferma il manager. Diverse le alternative: “Sul breve periodo, 1 anno, il mercato oggi offre buone opportunità con tassi interessanti: conti deposito, etf (exchange traded funds), titoli obbligazionari a brevissima scadenza – spiega -. Quando si vira da etf a singoli strumenti, come ad esempio un bot, bisogna considerare un tema di diversificazione per diminuire il rischio”. All’allungo dell’orizzonte temporale “è meglio staccarsi da strumenti come i conti deposito e passare all’azionario e all’obbligazionario, diversificato su più titoli”. Attenzione però, nel caso di investimenti di lungo termine “non bisogna fare l’errore di concentrarsi su strumenti breve termine. Il rischio è di perdere il rendimento potenziale e rimanere scoperti lato inflazione”. I mercati sono stati interessati da momenti di volatilità anormali, ma da inizio anno a oggi, nonostante l’andamento “guardando agli investimenti di valuta, i mercati non sono in negativo. La composizione dell’azionariato premia la diversificazione anche in momenti di incertezza”.  Il livello di inflazione a maggio 2025 “non è lontano dai target voluti dalla Bc. Siamo arrivati a un dato pari a 1,9 anno su anno, in calo rispetto al 2% di aprile”. Se si punta l’occhio all’inflazione di fondo, non considerando beni energetici e alimentari, “ci attestiamo attorno al 2, in linea con quanto visto negli ultimi 25 anni” e il recente taglio dei tassi da parte della Banca Centrale Europea lo conferma. Sotto i riflettori anche le tariffe imposte dal presidente statunitense Donald Trump post Liberation Day. “I toni sono cambiati dallo scorso 2 aprile, ma ci si può attendere un mondo con un livello di dazi più elevato rispetto al pre Liberation Day, però non così alto”. Fondamentale sarà l’avanzamento dei colloqui anche se la direzione intrapresa “sembra essere quella di maggiori tariffe nel sistema”. L’incremento dei prezzi si può considerare come un dato di fatto, ma quali sono i soggetti meno a rischio? “Se guardiamo al meccanismo di rivalutazione potremmo tendere a dire che la categoria maggiormente tutelata è quella dei pensionati – dice Cominardi -, ma in alcune situazioni per un pensionato può essere più difficile colmare il gap sul reddito dovuto all’inflazione”. L’inflazione percepita può discostarsi anche significativamente dall’inflazione media utilizzata come parametro per la rivalutazione: nel caso in cui la prima superi la seconda, il potere d’acquisto reale si riduce, penalizzando soprattutto le categorie di consumatori più deboli, come i pensionati, che, data l’età avanzata, godono di una limitata capacità di integrazione delle loro fonti di reddito e restano più esposti ai rincari di beni essenziali come farmaci o utenze . Dall’altro lato della barricata si trovano invece dipendenti e liberi professionisti: “Gli stipendi dei dipendenti sono basati su contrattazioni collettive e individuali, mentre i liberi professionisti si basano sul proprio onorario”. Per gli assegni pensionistici fino a 2.394 euro lordi – cioè fino a quattro volte il trattamento minimo – la rivalutazione annuale è pari al 100%. Per gli importi superiori la percentuale scende al 90% (tra le quattro e le cinque volte il trattamento minimo) e al 75% (oltre le cinque). Il rapporto Inapp “ha mostrato un aumento dei salari reali dell’1%” tra il 1991 e il 2023. Uno studio dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro ha invece segnalato che tra il 2008 e il 2024 “c’è stato un calo dell’8% del potere d’acquisto. Se l’inflazione fosse positiva e crescessero gli stipendi si avrebbe economia solida” aggiunge. —finanzawebinfo@adnkronos.com (Web Info)

© Riproduzione riservata

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