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Pasolini, quell’ultimo pasto con Pelosi nei ricordi del titolare del ristorante in zona Ostiense

(Adnkronos) – “Vennero qui il primo novembre, verso le undici e un quarto di sera. Era tardi, al ristorante c’erano solo mio padre, mia madre, il pizzaiolo e il cameriere. Ma Pasolini era un frequentatore assiduo e venne fatto sedere comunque. Ad accompagnarlo c’era un ragazzo gracile, era Pino Pelosi”. Sono passati cinquant’anni da quella notte, quando Pier Paolo Pasolini venne ucciso all’Idroscalo di Ostia, che oggi lo ricorda con una scultura di Mario Rosati. Mezzo secolo di processi, arresti, smentite, revisioni, dubbi e nuove inchieste che sembrano non aver scalfito i ricordi di Roberto Panzironi, titolare del ristorante ‘Al biondo Tevere’, sull’Ostiense, dove l’autore di ‘Ragazzi di vita’ consumò il suo ultimo pasto insieme al ragazzo ‘gracile’ e affamato che per le cronache fu l’indiscusso assassino di Pasolini. 

“Nel 1975 avevo 18 anni – racconta all’Adnkronos il ristoratore romano – Pelosi era un ragazzo come me, lui 17enne. Mangiò solo lui quel 1 novembre, lasciando spizzicare di tanto in tanto il ‘poeta’ che qui veniva con tanti ragazzi a preparare le scene dei film. Ricordo ancora bene che il ‘professore’, così lo chiamavano i miei, si fermava il pomeriggio, quando andavano via i clienti del pranzo e aspettavamo quelli della cena: lui stava lì, preparava le sequenze, istruiva i collaboratori e si confrontava con i tecnici. E’ qui che girò anche ‘La commare secca’. Veniva spesso con Moravia, Dario Bellezza, ma anche Dacia Maraini, e si metteva sempre a un tavolo quadrato che abbiamo nella sala sopra. Parlavano di poesie, di libri; contrariamente a Moravia, che era burbero con gli aspiranti scrittori che gli chiedevano consigli, Pasolini era sempre tranquillo e aiutava i più giovani a mettere giù i loro testi”. 

“Quella sera Pasolini e Pelosi si sedettero a un tavolo che ancora oggi è nella sala principale del nostro ristorante, fermo nel tempo eppure pronto a ospitare ogni nuovo cliente. Sulla sedia dove Pasolini si accomodò, c’é ancora un fiocchetto che mia madre legò a una gamba appena seppe la tragica notizia. Si fermarono poco, venti, trenta minuti – continua Roberto -. Era tranquillo, spizzicò qualcosa dal piatto di Pelosi, non alzò mai la voce, e a mezzanotte meno qualche minuto papà li accompagnò al cancello e lo salutò”.  

Oggi il ristorante sulle sponde del Tevere vive nella memoria di Pasolini, una targa ne celebra “l’amore rivolto al popolo di Roma”. “Di lui, a me che ero poco più che un ragazzino, una cosa è rimasta impressa più di ogni altra: mangiava sempre senza sale, perché diceva che gli bloccava il cervello. Il primo carpaccio che servimmo qui, verso la fine degli anni Sessanta, fu il poeta a insegnarlo a mia madre. Era un carciofo tagliato fino fino, messo sotto limone con un filo d’olio, ma, per carità, sempre e rigorosamente senza sale”. (di Silvia Mancinelli) 

 

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webinfo@adnkronos.com (Web Info)

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