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Sonno dei bambini, allarme sicurezza: troppi consigli online senza basi scientifiche

Il sonno dei bambini è diventato un terreno di scontro quotidiano nelle famiglie italiane. Non perché oggi i neonati dormano peggio di ieri, ma perché attorno ai loro risvegli si è costruito un sistema di aspettative irrealistiche, soluzioni rapide e promesse non verificabili. In Italia, secondo una stima del Progetto Nascita dell’Istituto Mario Negri aggiornata al 2024, circa un bambino su cinque sotto i due anni presenta difficoltà di addormentamento o sonno frammentato. Una condizione frequente, fisiologica in molte fasi dello sviluppo, che viene però trattata come un’anomalia da correggere in tempi brevi. È in questo scarto tra realtà biologica e pressione sociale che si inserisce l’attuale allarme: il web come primo e spesso unico consulente, con conseguenze che vanno ben oltre l’inefficacia dei consigli.

Dal pediatra allo smartphone

La sequenza è ormai ricorrente: notti interrotte, stanchezza accumulata, senso di impotenza. Poi la ricerca online. Secondo uno studio condotto su 266 genitori di bambini tra i 6 e i 36 mesi e pubblicato nel 2022 dall’Oxford Brookes University, il 47% delle famiglie cerca su internet soluzioni per i problemi di sonno dei figli, pur dichiarando di essere consapevole della scarsa affidabilità di molte informazioni reperite. Il dato non segnala ingenuità, ma urgenza. Quando il sonno manca, la soglia critica si abbassa e la priorità diventa trovare una risposta immediata, non necessariamente quella più corretta.

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Il web intercetta questa domanda offrendo ciò che i servizi spesso non riescono a garantire: disponibilità continua, linguaggio diretto, soluzioni personalizzate. Profili social, video brevi, guide scaricabili costruiscono un ecosistema informativo dove l’esperienza personale viene presentata come competenza, e la visibilità sostituisce la validazione scientifica. Il risultato è un ribaltamento dell’ordine delle fonti: il parere sanitario arriva dopo, se arriva, mentre “Dottor Google” diventa il primo interlocutore.

Il problema non è l’accesso all’informazione, ma la sua gerarchia. In rete, indicazioni corrette e consigli errati convivono senza distinzione, livellati dallo stesso formato comunicativo. Un post con migliaia di visualizzazioni pesa più di una linea guida ministeriale. In questo contesto, la capacità critica delle famiglie viene messa a dura prova, soprattutto quando la stanchezza cronica riduce il margine di valutazione razionale. La genitorialità digitale non crea il bisogno, ma lo amplifica e lo indirizza verso canali che non rispondono a criteri di responsabilità.

La consulenza sul sonno diventa business

L’affidamento massiccio al web ha generato un mercato parallelo della consulenza sul sonno infantile, cresciuto senza regole, definizioni professionali condivise o controlli sistematici. Accanto a figure con formazione sanitaria o educativa specifica, operano soggetti che si autoattribuiscono titoli, propongono certificazioni rilasciate da enti privati privi di riconoscimento legale e vendono percorsi strutturati su metodi proprietari. La distinzione, per un genitore esausto, è spesso impraticabile.

Genitore Informato, realtà impegnata nella promozione di pratiche basate su evidenze scientifiche, segnala da tempo la pericolosità di questo scenario. “Non basta essere genitori: servono competenze reali per dare consigli sul sonno del neonato”, afferma Claudia Denti, esperta in Scienze dell’Educazione, Sonno Sicuro e co-fondatrice dell’organizzazione. “Molti operatori improvvisati propongono metodi “miracolosi”, ma non sono né pediatri, né psicologi, né figure educative con esperienza e ciò può risultare pericoloso”. Il punto non è la buona fede, ma l’assenza di competenze verificabili.

Il settore presenta criticità strutturali: consulenze svolte senza partita Iva, attività in nero, identità professionali fluide, pseudo-accademie che rilasciano attestati spendibili solo come leva di marketing. In alcuni casi, l’etichetta di approccio “gentle” viene utilizzata per rendere accettabili pratiche di pianto prolungato o interventi standardizzati applicati senza alcuna valutazione del bambino e del contesto familiare. La promessa è sempre la stessa: risultati rapidi, personalizzati, definitivi. La realtà, spesso, è un accumulo di tentativi falliti.

L’impatto economico sulle famiglie è tutt’altro che marginale. Percorsi di consulenza possono raggiungere cifre elevate, senza che esista un obbligo di rendicontazione, un protocollo condiviso o una responsabilità professionale chiara. “Oggi le famiglie possono spendere centinaia o migliaia di euro per consulenze senza solide basi scientifiche”, osserva ancora Denti. “Molti percorsi non hanno alcun fondamento, inducendo comportamenti rischiosi”.

La sicurezza del sonno sotto attacco

La criticità più grave emerge quando i consigli errati incidono direttamente sulla sicurezza dei lattanti. La prevenzione della Sindrome della Morte Improvvisa del Lattante (Sids) si fonda su raccomandazioni consolidate: posizione supina durante il sonno, superficie rigida e sgombra, assenza di cuscini, paracolpi e imbottiture, temperatura adeguata, attenzione alle condizioni di co-sleeping. Indicazioni validate da decenni di ricerca e sostenute da tutte le principali autorità sanitarie.

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Eppure, proprio queste linee guida vengono frequentemente ignorate o contraddette da consulenti privi di preparazione adeguata. Suggerimenti come far dormire il bambino in posizione prona per “migliorare il riposo”, utilizzare ausili non certificati o promuovere il co-sleeping senza valutare fattori di rischio continuano a circolare nei circuiti online. “Le linee guida per la prevenzione della SidsS sono chiare, validate da decenni di ricerca scientifica ed esperienza clinica e supportate da tutte le autorità sanitarie”, sottolinea Severino Cirillo, Health Scientist e co-fondatore di Genitore Informato. “Eppure continuiamo a osservare consulenti che le ignorano o le contraddicono per vendere il proprio metodo personalizzato”.

Qui il nodo diventa politico e sanitario, non solo informativo. Consigli potenzialmente pericolosi vengono commercializzati come soluzioni su misura, spesso giustificati dall’esperienza personale di chi li propone. L’argomento dell’“ha funzionato con mio figlio” viene elevato a criterio operativo, cancellando il principio stesso di prevenzione basata su popolazioni e dati. In questo passaggio, la responsabilità professionale si dissolve, mentre il rischio resta interamente sulle spalle delle famiglie.

Alle conseguenze fisiche si sommano quelle psicologiche. Metodi inefficaci alimentano frustrazione, senso di colpa, conflitti familiari. Quando le promesse non vengono mantenute, il fallimento viene implicitamente attribuito ai genitori, accusati di non aver applicato correttamente le indicazioni. Tempo, energie e risorse vengono consumati in percorsi sbagliati, ritardando l’accesso a interventi adeguati.

Per questo Genitore Informato invita a una verifica rigorosa prima di affidarsi a qualsiasi consulente: formazione documentabile, reputazione professionale tracciabile, regolarità fiscale, riferimento esplicito a evidenze scientifiche e rispetto delle linee guida internazionali sulla sicurezza del sonno. “Un neonato che non dorme è estenuante, ma rivolgersi alla persona sbagliata può trasformare un problema in una situazione pericolosa”, avverte Cirillo. “Dedicate tempo alla ricerca, fate domande approfondite, pretendete trasparenza”.

La consulenza sul sonno può essere uno strumento utile solo se inserita in una cornice di competenze reali e responsabilità chiare. “Ogni famiglia che si rivolge a noi riceve innanzitutto indicazioni sulla sicurezza del sonno”, spiega Claudia Denti. “Prima ancora di parlare di metodi o strategie, ci assicuriamo che l’ambiente in cui il bambino dorme sia sicuro”.

Famiglia

content.lab@adnkronos.com (Redazione)

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