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Il segreto danese per disintossicare i ragazzi da smartphone e social

Che l’utilizzo dei social media e degli smartphone sia entrato nel mirino di molti Paesi è ormai cosa nota. Diversi Stati hanno messo rigidi paletti all’utilizzo di queste piattaforme, dopo che la comunità scientifica ha dimostrato le gravi conseguenze sullo sviluppo psico-fisico dei più piccoli. Tra questi, spicca la Danimarca che è riuscita a disintossicare i giovanissimi dagli smartphone e dai social media con un mix vincente e replicabile anche qui in Italia.

A febbraio 2025 il governo di Copenaghen ha introdotto il divieto di smartphone nelle scuole per tutti gli studenti dai 7 ai 16-17 anni, rendendo le aule delle zone franche dalla connessione. Ma la vera svolta è arrivata a ottobre, quando la premier Mette Frederiksen ha annunciato una proposta che ha fatto il giro del mondo: vietare l’accesso ai social media a chiunque abbia meno di 15 anni.​

Alla base c’è un ripensamento radicale del rapporto tra minori e tecnologia e una consapevolezza chiara dei danni creati in questi anni: “Abbiamo scatenato un mostro”, ha dichiarato la prima ministra al Parlamento, sostenendo senza mezzi termini che “gli smartphone e i social hanno rubato l’infanzia dei nostri figli”. Una presa di posizione netta che trova le sue radici non solo nei dati sanitari, ma nella cultura profonda del Paese.​

L’emergenza sanitaria dietro la svolta

La decisione nasce da un’analisi impietosa della realtà. La commissione sul benessere giovanile, istituita dal governo danese nel 2023, ha certificato che mai prima d’ora si erano registrati tassi così elevati di ansia e depressione tra i giovanissimi. Il rapporto pubblicato a febbraio 2025 ha evidenziato come l’esposizione precoce agli schermi sia correlata direttamente a isolamento, bullismo online e crollo della soglia di attenzione.​

Rasmus Meyer, presidente della commissione, ha utilizzato una metafora potente per spiegare l’urgenza dell’intervento, paragonando il divieto di smartphone al divieto di fumo: una volta che un bambino riceve un dispositivo, questo “dominerà la sua intera esistenza” proprio come rischia di fare il tabacco. Rimuovere i telefoni dalle scuole, sottolinea Meyer, “ha dato ai giovani una pausa dalla vita online, insegnando loro come far parte delle comunità analogiche”. La proposta di legge prevede ora che i giganti del web implementino sistemi efficaci di verifica dell’età, pena sanzioni che potrebbero arrivare al 6% del loro fatturato globale.​

Il segreto danese: perché il metodo “Parent” funziona 

Se vi state chiedendo come faccia un’intera nazione ad accettare restrizioni così severe senza gridare alla censura, la risposta va cercata nel “sistema operativo” della società danese: il metodo Parent, che non sta solo per la forma inglese di “genitore”, ma indica anche un acronimo interessante. Teorizzato dall’autrice e psicologa Jessica Joelle Alexander e dalla psicoterapeuta Iben Dissing Sandahl, questo approccio educativo si basa su pilastri che l’uso massiccio dello smartphone stava sgretolando.​

Tutto inizia con la “P” di “Play” (inteso come Gioco libero): per i danesi il gioco non strutturato è sacro, fondamentale per sviluppare autonomia e resilienza, concetti incompatibili con l’intrattenimento passivo di un display.

Ci sono poi la “A” di “Autenticità” (“Authenticity”) e la E di “Empatia” (“Empathy”): in un ecosistema dominato dall’approvazione che arriva da uno schermo acceso, i genitori danesi faticavano a insegnare ai figli a riconoscere le emozioni reali.

La R sta per Reframing, “Ristrutturazione”, ovvero l’arte di vedere il lato positivo nelle difficoltà, pratica quasi impossibile quando l’algoritmo propone costantemente contenuti ansiogeni, che annichiliscono l’ottimismo e la creatività dei più giovani.

L’Hygge: il concetto danese dello stare insieme

Lo scontro frontale con i display avviene sulla T di “Togetherness”, “lo stare insieme”. La lingua danese ha un termine specifico per trasmettere questo concetto: “Hygge”. Questa espressione non può tradursi in una sola parola, ma indica un senso di intimità e accoglienza che si crea stando insieme senza maschere nella vita reale.

Il nemico numero uno di questa convivialità è l’isolamento da cuffiette o la luce blu riflessa sui volti durante una cena. Per i danesi, il divieto di utilizzare questi strumenti in determinati contesti è una misura di autodifesa culturale, perché l’assenza di dialogo è la morte della civiltà.

Insegnare senza ultimatum

Particolarmente interessante è il modo in cui questo diniego viene portato imposto: la N di Parent, infatti, sta per “No Ultimatums”: questo principio invita i genitori a evitare le minacce del tipo “o fai così o succede questo”, che spesso degenerano in lotte di potere e alzano il livello di stress in famiglia.

Invece di imporre l’autorità con la paura, il metodo suggerisce di mantenere la calma e guidare i figli con spiegazioni e pazienza, favorendo un clima di rispetto reciproco piuttosto che di scontro.

Un contagio positivo in Europa 

La mossa di Copenaghen non è isolata, ma rappresenta la punta di diamante di una tendenza continentale. L’Olanda, che ha bandito i device dalle classi già dal primo gennaio 2024, ha registrato dopo 18 mesi un aumento del dialogo diretto e una riduzione del cyberbullismo. “Il bando funziona. E piace anche a chi era contrario”, ha confermato Freya Sixma, portavoce delle scuole secondarie olandesi.​

Anche la Norvegia ha alzato l’asticella, fissando il limite per i social a 15 anni. I risultati sono tangibili: tra le ragazze norvegesi si è osservata una riduzione del 60% delle visite specialistiche per problemi di salute mentale e un calo del 46% degli episodi di bullismo. In Portogallo, il divieto nei primi cicli educativi ha quasi dimezzato (-57%) i casi di prevaricazione tra studenti.​

A livello gloabale, l’Australia è diventato il primo Paese ad applicare una legislazione che impone alle piattaforme “misure ragionevoli” per impedire ai minori di 16 anni di accedere senza consenso parentale. In questi giorni il Paese guidato da Anthony Albanese ha attivato sistemi più stringenti di verifica dell’età che rendono concreto il divieto dei social per gli under 16, entrato in vigore lo scorso 10 dicembre.

L’Italia tra divieti scolastici e consenso

Anche l’Italia si muove in questa direzione. Con la circolare ministeriale del 16 giugno 2025, il ministro Giuseppe Valditara ha esteso il divieto di utilizzo degli smartphone a tutta la giornata scolastica nelle scuole secondarie. Una misura che, contrariamente alle previsioni, non ha sollevato barricate generazionali: “È una scelta adottata nell’interesse dei giovani, che sta riscuotendo un consenso enorme anche tra i ragazzi, il 76% è favorevole”, ha commentato il Ministro.​

Sul fronte europeo, Roma ha giocato d’anticipo proponendo a maggio 2025 una raccomandazione per vietare gli smartphone in classe agli under 14 in tutta l’Unione, trovando sponda in Svezia e Polonia e suscitando la rabbia degli Stati Uniti, sempre avversi alle regole di Bruxelles che hanno la responsabilità di “danneggiare il mercato”. La Commissione Ue sta ora raccogliendo i dati per valutare una direttiva comune. Tensioni con Washington permettendo.

 

Giovani

content.lab@adnkronos.com (Redazione)

© Riproduzione riservata

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