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Francia, svolta storica sullo stupro: approvata la legge Pelicot

Il Parlamento francese ha approvato una riforma del codice penale che ridefinisce lo stupro come “qualsiasi atto sessuale non consensuale”. Con 327 voti favorevoli e 15 astensioni, l’Assemblea nazionale ha chiuso il 29 ottobre 2025 un dibattito lungo anni, segnando una cesura netta rispetto al passato. La vicenda di Gisèle Pelicot, drogata e violentata dal marito e da 51 uomini tra il 2011 e il 2020, ha accelerato l’approvazione di una norma che molti considerano già una pietra miliare nella lotta contro la violenza di genere.​

Un vuoto normativo rivelato da un processo

La storia di Gisèle Pelicot ha messo a nudo i limiti della legislazione precedente. Nonostante l’evidenza degli abusi, i fatti non rientravano nelle quattro categorie previste dal codice penale francese: violenza, coercizione, minaccia o sorpresa. La donna, ridotta in stato di incoscienza attraverso farmaci somministrati dal marito Dominique, subiva violenze mentre dormiva. La mancanza di reazione, conseguenza diretta della sedazione, creava un paradosso giuridico che la nuova legge intende eliminare. Il processo, che Gisèle ha voluto a porte aperte per dare voce alle vittime e riaccendere l’attenzione mediatica, si è concluso nel 2024 con condanne dai 3 ai 20 anni per tutti gli imputati.​

Come cambia la definizione di stupro

L’articolo 222-22 del codice penale francese viene ora integrato con una formulazione che pone il consenso al centro della valutazione giuridica. Ogni atto sessuale diventa violenza in assenza di un consenso definito come “libero e informato, specifico, preventivo e revocabile”. Il silenzio o la passività della vittima non possono più essere interpretati come assenso. “Non dire sì vuol dire no. Dire sì per paura vuol dire no. L’unico sì che vale è un sì libero”, ha dichiarato la senatrice Mélanie Vogel del gruppo ecologista.​

Le deputate Marie-Charlotte Garin e Véronique Riotton hanno promosso la riforma partendo da una consapevolezza: le violenze sessuali avvengono spesso in contesti ritenuti sicuri, dove l’assenza di violenza fisica evidente non elimina la natura coercitiva dell’atto. La legge riconosce inoltre il fenomeno del “freezing”, quella paralisi emotiva e fisica che impedisce alla vittima di reagire per shock o paura, chiarendo che l’assenza di resistenza non equivale mai a consenso.​

Il panorama europeo e i dati sulla violenza

La Francia si aggiunge ai 16 stati membri dell’Unione europea che hanno già introdotto il concetto di consenso nella definizione di stupro: Belgio, Croazia, Cipro, Repubblica Ceca, Danimarca, Finlandia, Germania, Grecia, Irlanda, Lussemburgo, Malta, Paesi Bassi, Polonia, Slovenia, Spagna e Svezia. Spagna e Danimarca richiedono un consenso esplicito secondo il principio “solo sì è sì”, il principio cardine dell’emendamento approvato dalla Norvegia lo scorso giugno. La Svezia, che nel 2018 ha modificato la definizione legale di stupro, ha registrato un aumento del 75% delle condanne per questo reato, secondo le autorità locali.​

I dati Eurostat sulla violenza di genere mostrano livelli allarmanti sia di violenza dichiarata che di quella sommersa. Una donna su cinque nell’Unione europea subisce violenza in contesti domestici e familiari. Amnesty International ha definito l’approvazione della riforma francese “una vittoria storica”, sottolineando la necessità di una formazione adeguata per garantire una corretta applicazione della legge.​

E in Italia?

L’articolo 609-bis del codice penale italiano punisce “chiunque, con violenza o minaccia o mediante abuso di autorità, costringe taluno a compiere o subire atti sessuali”. Il consenso non compare nella formulazione legislativa. L’assenza di questo requisito viene dedotta dalla presenza di costrizione, minaccia o inganno, ma un rapporto sessuale avvenuto senza consenso e senza violenza fisica non configura automaticamente lo stupro.​

L’Italia ha ratificato nel 2013 la Convenzione di Istanbul, che all’articolo 36 definisce lo stupro come “atto sessuale non consensuale”. Il consenso, secondo la Convenzione, deve essere dato volontariamente come libera manifestazione della volontà della persona, valutato tenendo conto della situazione e del contesto. Nonostante questa ratifica, il concetto non è stato ancora introdotto nel codice penale. Tina Marinari di Amnesty International Italia ha dichiarato: “All’elenco degli Stati europei che hanno adeguato il proprio codice penale agli obblighi internazionali manca ancora l’Italia, che ancora una volta si conferma fanalino di coda quando si tratta di diritti”.​

Proposte ferme in Parlamento

La presidente della Commissione parlamentare femminicidio, Valeria Valente, aveva proposto nel 2023 una modifica dell’articolo 609-bis per inserire il principio “solo sì è sì”, ma la proposta non è mai arrivata in aula. Un’altra proposta di legge, con prima firmataria Laura Boldrini, è attualmente all’esame della Commissione Giustizia della Camera, ma l’approvazione appare lontana per le perplessità sollevate su difficoltà probatorie e rischio di rovesciamento dell’onere della prova.​

Secondo le statistiche Istat, quasi il 40% delle vittime di violenza sessuale non mostra lesioni fisiche. La difficoltà di dimostrare la coercizione in assenza di segni evidenti scoraggia le denunce e lascia zone grigie nella giustizia. Secondo la professoressa di Filosofia del diritto dell’Università di Torino, Maria Borrello, le donne sono indotte a non dire “no” perché sentono di non avere i mezzi o il diritto di porre fine a un comportamento indesiderato. Questo si inquadra nella rappresentazione patriarcale dei rapporti tra i generi, dove il rifiuto può essere visto come parte di un gioco seduttivo.​

Cultura prima che norma

Il ministro della Giustizia francese Éric Dupond-Moretti ha definito la legge “un progresso culturale, prima ancora che giuridico”. L’obiettivo non è riempire le carceri ma prevenire le violenze attraverso un cambiamento di mentalità che riconosca l’autodeterminazione sessuale come diritto inalienabile. Le pene previste restano invariate: fino a 20 anni di reclusione nei casi più gravi, come per vittime minorenni o persone in stato di vulnerabilità.​

La Norvegia ha approvato nel giugno 2025 una riforma simile con 91 voti favorevoli e 12 contrari, portando a 19 il numero degli stati dell’Area economica europea con legislazione basata sul consenso. Anche Danimarca e Finlandia hanno introdotto negli ultimi anni norme analoghe. Human Rights Watch ha definito la legge francese “una svolta storica che afferma l’autonomia sessuale di donne e ragazze”. Il movimento #MeToo, nato nel 2017, ha portato all’attenzione pubblica la questione della violenza sessuale, creando le condizioni culturali per riforme legislative che ora si stanno diffondendo in Europa. Anche se non ovunque.

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content.lab@adnkronos.com (Redazione)

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