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Emergenza dipendenze, 910mila giovani italiani si “sballano” regolarmente

Un ragazzo su quattro fa uso di sostanze. Per 910mila giovani italiani “lo sballo” è una pratica abituale, non un episodio: è la misura di un fenomeno che attraversa scuole, piazze, locali, chat, e che da anni scava nelle pieghe della società senza trovare una risposta sistemica. La Società italiana patologie da dipendenza (Sipad) parla di “emergenza sanitaria devastante”, e lo fa con la lucidità di chi osserva ogni giorno i volti dietro i numeri. Dal 19 al 21 novembre, a Roma, il X congresso nazionale dell’associazione riunirà clinici, psicologi, ricercatori e operatori dei servizi pubblici e del privato sociale per affrontare un quadro che non concede tregue.

“Non possiamo più permetterci di guardare altrove – spiega il presidente della Sipad, Claudio Leonardi –. Questi numeri raccontano storie di persone, famiglie, comunità intere che hanno bisogno di risposte concrete”.

Secondo i dati dell’Agenzia europea per le droghe (Euda) e dell’Oms, nel mondo il consumo di sostanze è alla base di circa 600mila decessi evitabili l’anno, tra overdose, malattie correlate, incidenti e suicidi. In Italia, i contorni di questa crisi sono nitidi: quattro milioni di persone sopra gli undici anni bevono alcol a livelli considerati rischiosi per la salute; un milione rientra tra i consumatori dannosi. Tra le donne, l’aumento nell’ultimo decennio ha raggiunto l’80%.

Cannabis e alcol in aumento tra gli adolescenti: il report Oms

La generazione Z paga il prezzo più alto. L’età media del primo contatto con le droghe si abbassa, mentre cresce la frequenza d’uso. I dati del 2024 contano 8.378 accessi ai pronto soccorso italiani per patologie droga-correlate, con una lieve flessione rispetto all’anno precedente (-2,5%), e il 10% riguarda minorenni. Quasi la metà dei casi (43%) si concentra nella fascia 25-44 anni, ma il segnale più inquietante è la stabilità del fenomeno, nonostante campagne e programmi scolastici.

79 nuove sostanze in un anno

Il sistema di allerta News-D, che monitora la diffusione di nuove sostanze psicoattive, ha identificato nel 2024 ben 79 nuovi composti circolanti sul territorio nazionale. In Italia le principali categorie rilevate sono catinoni sintetici (27%), cannabinoidi sintetici (24%), feniletilamine (8%) e oppioidi sintetici (8%).

Si tratta di composti di laboratorio, spesso prodotti in Asia e distribuiti online, che simulano gli effetti di droghe più note ma con concentrazioni e tossicità imprevedibili. “È un mercato in continua evoluzione – spiega la Sipad – che sfida quotidianamente operatori sanitari e forze dell’ordine”. La diffusione non riguarda solo i consumatori abituali: molti giovani entrano in contatto con queste sostanze per curiosità o per imitazione, spesso senza sapere cosa stanno assumendo.

Oltre 160mila studenti italiani tra i 15 e i 19 anni risultano “poli consumatori”, ossia hanno fatto uso di almeno due sostanze psicoattive illegali. Le combinazioni più frequenti vedono cannabis associata ad alcol e nicotina, un mix che amplifica i rischi di dipendenza e danno neurologico. I ricercatori segnalano anche l’emergere di nuove pratiche di consumo domestico, che sfuggono ai controlli tradizionali.

I dati raccolti dai SerD (Servizi pubblici per le dipendenze) parlano di circa 135mila persone in trattamento. Il 59% è in carico per uso di eroina, il 27% per cocaina o crack, il 13% per cannabinoidi. Solo l’1% presenta dipendenze comportamentali, ma la Sipad stima che oltre mezzo milione di persone, soprattutto giovani, sia a rischio per comportamenti fuori controllo – dal gioco d’azzardo ai social, fino all’abuso di sesso o di tecnologie digitali.

Una rete sotto pressione

La mappa italiana dei servizi per le dipendenze mostra un sistema che regge ma non tiene il passo. Sul territorio si contano 198 servizi di primo livello (46 pubblici e 152 del privato sociale) e 1.134 ambulatori, quasi tutti pubblici (96%), con una dotazione complessiva di circa 6.000 operatori. Numeri che, sulla carta, garantiscono la copertura minima prevista dal decreto ministeriale 77, ma che nella pratica si rivelano insufficienti.

Secondo la Sipad mancano oltre 480 medici e infermieri per raggiungere lo standard a regime, a cui si aggiungono 400 psicologi, 342 assistenti sociali e 475 educatori. La carenza di personale si traduce in liste d’attesa, in percorsi terapeutici frammentati, in una cronica difficoltà di presa in carico per i casi più complessi. “Rispettare lo standard minimo non basta più – sottolinea Leonardi –. La realtà è che la domanda cresce più velocemente dell’offerta, e le nuove dipendenze richiedono competenze specifiche che molti servizi non possono ancora garantire”.

Le comunità terapeutiche accolgono circa 24mila persone, ma la popolazione in carico mostra un profilo che si modifica nel tempo: l’eroina resta la sostanza principale per il 59% degli utenti, segno di un invecchiamento dei pazienti storici, mentre i giovani accedono ai servizi per stimolanti, alcol e policonsumo. La fascia d’età più giovane tende però a non rivolgersi ai SerD: preferisce il fai-da-te, la rete, le app per la riduzione del danno. È una generazione che chiede anonimato, rapidità, non giudizio. E che spesso arriva ai servizi pubblici solo dopo una crisi acuta.

Sul versante femminile, l’aumento dei consumi e delle richieste di trattamento disegna un cambio di scenario. Le donne in cura sono ancora minoranza, ma i casi crescono in modo costante. Si tratta di pazienti che spesso nascondono la dipendenza più a lungo, con un rischio maggiore di complicanze fisiche e psichiche. Le strutture non sempre sono pronte ad accogliere percorsi di genere differenziati, e la carenza di risorse si fa sentire soprattutto nei territori periferici, dove la rete di supporto è più fragile.

Le nuove frontiere della cura

Il congresso Sipad di novembre si annuncia come uno dei più densi degli ultimi anni, con sessioni dedicate alle nuove linee terapeutiche per l’uso di oppioidi e alcol, e un focus sulla dipendenza di genere. Ma il punto centrale, secondo gli organizzatori, è un altro: costruire un approccio capace di unire farmacologia, prevenzione e politiche sociali.

Tra le novità in discussione, il possibile impiego dei farmaci agonisti del recettore GLP-1 – gli stessi studiati per il diabete e l’obesità – nella gestione di alcune dipendenze. Gli studi internazionali indicano un effetto sulla riduzione del craving e sul controllo dell’impulsività, ma l’applicazione clinica è ancora sperimentale. Parallelamente, si punta sulla cosiddetta harm reduction: distribuzione controllata di naloxone, programmi di consumo sicuro, formazione degli operatori di strada.

Il terreno più sensibile resta la prevenzione. Le campagne di informazione faticano a intercettare i linguaggi dei giovani, mentre la scuola si trova spesso a gestire episodi di consumo senza strumenti adeguati. L’educazione ai comportamenti di rischio è frammentata, affidata a progetti locali o alla buona volontà dei singoli istituti.

Un altro fronte riguarda la psicoeducazione e il ruolo delle famiglie. Gli esperti insistono sull’importanza di coinvolgere i genitori nei percorsi di recupero, ma la cronica mancanza di psicologi e mediatori rende difficile garantire continuità. Nelle aree urbane più grandi, le reti territoriali stanno sperimentando forme di collaborazione tra SerD, scuole e associazioni, con risultati incoraggianti; nelle province più piccole, invece, le risorse restano esigue e l’accesso ai servizi è condizionato dalla distanza o dallo stigma.

Giovani

content.lab@adnkronos.com (Redazione)

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